Cop24: interessi contrapposti in lotta per l’ambiente
Cop24, ovvero la ventiquattresima conferenza internazionale sul clima, si è appena conclusa.
A Katovice, in Polonia, si sono dati appuntamento 30 mila partecipanti, tra leader politici, esperti scientifici e rappresentanti delle principali organizzazioni mondiali, per verificare i passi avanti (o indietro) rispetto agli impegni presi nel 2015 a Parigi (l’epocale Cop21).
L’obiettivo della conferenza è stato quello di fissare le linee guida con le quali si dovranno aggiornare entro il 2020 i target fissati a Parigi al fine di contenere l’aumento della temperatura globale rispetto al livello preindustriale non oltre 1,5 gradi centigradi; questo al fine di evitare di arrivare al punto di non ritorno per quanto riguarda l’evolversi dei cambiamenti climatici, ormai evidenti anche agli occhi dei più scettici.
Uno dei principali obiettivi, cioè ridurre l’uso dei combustibili fossili, ha continuato ad alimentare lo scontro fra i paesi ricchi (fino ad ora sicuramente i più inquinanti) e quelli emergenti (decisi a non perdere occasioni di sviluppo economico anche se ambientalmente non sostenibili). La principale delle contrapposizioni ha trovato una sintesi emblematica nella dichiarazione di apertura del presidente della nazione ospitante Andrzej Duda: “La Polonia non può rinunciare al carbone perché proprio il carbone è la risorsa strategica per la sovranità energetica del Paese”.
Poi ci sono anche le posizioni dei paesi più poveri che, malgrado siano gli unici a non avere grosse responsabilità, ovviamente hanno un bassissimo peso politico nei tavoli di lavoro.
La situazione è complessa, ma se partiamo dalle analisi annuali del Climate Action Tracker, dove al momento a livello globale solo il Marocco e il Gambia stanno attuando delle politiche in linea con gli obiettivi di Cop21, è chiaro che, parafrasando le parole del segretario ONU Antonio Guterres, per garantire un futuro a noi e alle nuove generazioni dovremo raggiungere dei compromessi politici e prepararci a fare dei sacrifici anche individuali.
Un aumento della temperatura di 4°C corrisponderebbe a un innalzamento dei mari fra i 4 e i 9 metri e, a quanto pare, andando avanti così tre gradi in più sono già garantiti.
Comunque, a detta degli osservatori più ottimisti, non tutto è negativo perché analizzando la questione da un altro punto di vista la lotta contro il disastro climatico potrebbe diventare un nuovo modo di gestire i beni comuni del pianeta Terra, creando nuove opportunità di sviluppo e occupazione.
E il ruolo dell’Italia in tutto questo?
Le buone intenzioni ci sono: il Ministro dell’Ambiente Sergio Costa ci ha candidati per ospitare la COP26 che si terrà nel 2020. Un appuntamento non “transitorio” come l’odierno, ma di vere e proprie misurazioni di obiettivi che auspichiamo possano riportare tutti a un piano di realtà.
Per informazioni indipendenti più approfondite: https://climateactiontracker.org/
Votato all’unanimità il bilancio 2017